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Il club Dumas

Il club Dumas
🕯️ Manifesto: A te che leggi… non per distrarti, ma per decifrare. A te che conosci il peso del silenzio tra le righe, il profumo del tempo tra le pagine, l’eco dei nomi che non osano più essere pronunciati… La confraternita ti osserva. Non è un semplice club ma un crocevia. Non è un’associazione ma un patto. Non troverai indirizzi, né targhe. Ma segnali. Simboli. Incontri. Saranno ammessi solo coloro che hanno letto veramente, che sanno che alcuni volumi bruciano, anche senza fuoco. 📜 Requisiti? • Una mente libera da dogmi. • Una biblioteca personale che respiri. • Almeno un libro maledetto tra gli scaffali. • E la certezza, mai ammessa ad alta voce, che tra ciò che è stampato e ciò che è invocato… non sempre c’è differenza. Se ti è bastato leggere questo per comprendere, allora ci troverai. Noi siamo i custodi dei testi che non devono essere tradotti. Siamo gli ultimi lettori dei libri che non esistono più. Siamo "Il club Dumas!"

Che cos'è il "fattore terzo uomo"?


Cos'è il fattore terzo uomo?

Prima di raccontarvi nel dettaglio cos'è il fattore terzo uomo da cui viene il titolo del libro (e che avrà un'importanza determinante ai fini della trama) voglio fare una premessa necessaria.

Di tutta la specificità scientifica che segue, all'interno del testo non ne parlo.

Semplicemente, lascio nella trama l'indizio di un'esperienza metafisica e faccio scorrere la narrazione da sola attraverso il dialogo tra la protagonista e il bambino che sta perdendo mentre avviene il tempo della storia permettendo al lettore di dare un'interpretazione a una figura che, in un modo o nell'altro, diventa lo strumento con cui ANIMA - o mano invisibile di qualcosa di superiore - si manifesta al singolo nelle situazioni più improbabili.

Detto ciò, arriviamo finalmente al "fattore terzo uomo".

Con "fattore terzo uomo" (o sindrome del terzo uomo, definito dalla scienza fenomeno switch) ci si riferisce a quel particolare fenomeno psicologico per il quale, in condizioni di estrema resistenza a limite della morte, verrebbe avvertita accanto a sé un’ulteriore entità fisica o immateriale.

Molti autori relegano questo evento a una vera e propria esperienza metafisica (esempio: l’incontro con un angelo custode) mentre la scienza parla di un processo mentale (e quindi illusorio) che si innescherebbe sull’orlo della morte dovuto a presunti segnali elettrici inviati dal cervello, switch appunto. L’unica cosa certa è che accade all’improvviso ed è percepito in modo diverso da una comune allucinazione e sovente coloro che l’hanno sperimentato parlano di un particolare effetto benefico. Le condizioni preliminari affinché esso si verifichi sono la paura, lo stress e lo shock.

Altri studiosi affrontano un’ipotesi interessante ovvero parlano di un residuo psichico ancestrale denominato mente bicamerale.

Secondo questa teoria fino a 3000 anni fa le menti umane funzionavano in modo diverso rispetto a oggi. Basandosi sulle strutture narrative del mondo antico i ricercatori hanno ipotizzato che qualche millennio di anni fa la nostra intelligenza fosse suddivisa in due metà e che la persona potesse controllarne soltanto una. La metà occulta avrebbe comunicato con l’Io tramite voci nella testa che davano l’impressione di non essere soli. Per la scienza la mente bicamerale è una forma di schizofrenia e con i millenni, il progresso e l’interazione sociale la mente si sarebbe unificata; l’organo celebrale sarebbe rimasto invariato ma la mente si sarebbe evoluta.

Nel 2007 un gruppo di ricercatori svizzeri provò a confermare questa teoria basandosi su una paziente epilettica di ventidue anni. Stimolando elettricamente l’emisfero sinistro del suo cervello, gli impulsi generati – ribattezzati switch – davano alla giovane l’impressione che accanto a sé ci fosse qualcuno. Considerando ciò, il team arrivò alla conclusione che lo stress fisico e l’esaurimento della resistenza possono causare lo switch.

“Il terzo uomo è definito come quella visione misteriosa nella zona della morte.”

Un ulteriore studio è stato condotto sui racconti di alpinismo d'alta quota per poter identificare episodi di psicosi che hanno condotto a nuove conclusioni da escludere al più comune “mal di montagna”. Infatti, oltre i 7000 metri si può manifestare la cosiddetta “psicosi d’alta quota” che abbraccia una vasta gamma di allucinazioni percettive e sensoriali. C’è chi racconta di aver udito una voce parlargli da dentro la testa in una lingua sconosciuta e di aver risposto, chi di aver avvertito l’odore di cibo cucinato, chi di aver visto orde di uomini a cavallo all’orizzonte e chi di aver percepito il proprio corpo raggiugere le dimensioni di una casa o di aver udito della musica risuonare tra le cime.

“L’esploratore britannico Frank Smythe (1900-1949) fu uno dei primi a cercare di scalare il monte Everest riuscendo ad aprire una via nel 1930. Durante l’ascensione, uno alla volta i compagni che erano con lui abbandonarono l’impresa e rientrarono al campo base. Rimasto solo, allo stremo delle forze, cominciò a percepire la presenza di un compagno invisibile che proseguiva la strada al suo fianco. Quella figura lo incoraggiava, lo incitava a non darsi per vinto ed era talmente reale che Smythe divise in due una galletta per offrirla prima di rendersi conto che con lui non c’era nessuno.”

Non è stata ancora trovata una spiegazione oggettiva atta a giustificare questo fenomeno anche se i più ritengono sia uno stratagemma del cervello che, in situazioni di estremo pericolo, si difende immaginando di trarre forza ed energia da una presenza esterna. La differenza tra il fattore terzo uomo e le più comuni allucinazioni vissute da chi è allo stremo delle forze è che chi ha provato il primo parla di un particolare effetto benefico.

“Ernest Shackleton, esploratore inglese, nell'ultima tappa della sua spedizione antartica del 1914-1917 visse una situazione drammatica. Insieme a due compagni e in condizioni estreme cercò disperatamente di raggiungere una stazione marina britannica. Erano a corto di cibo, disidratati, poco equipaggiati e molto vicini al collasso fisico. Shackleton racconta che a un certo punto di quell'odissea iniziò a percepire la presenza nel gruppo di un altro "compagno” che però non era visibile. Per una qualche ragione sapeva che c'era una quarta persona in viaggio accanto a loro la cui presenza, benché invisibile, era di conforto ed incoraggiamento. Solo dopo molti anni l'esploratore decise di raccontare la sua strana esperienza a un giornalista. L’articolo che ne seguì incoraggiò i suoi ex compagni di viaggio ad ammettere di avere vissuto anch'essi la strana sensazione di una presenza invisibile che marciava con loro."

T.S. Elliot dopo la lettura di questo strano resoconto del famoso esploratore antartico scrisse i seguenti versi citati all’inizio del libro:

Chi è il terzo che sempre ti cammina accanto?

Se conto, siamo soltanto tu ed io insieme

Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca

C'è sempre un altro che ti cammina accanto

Che scivola ravvolto in un ammanto bruno, incappucciato

Io non so se sia un uomo o una donna

– Ma chi è che ti sta sull’altro fianco?

(T.S. Eliot, La terra desolata, vv. 360-66.)”

Ricapitolando:

Il terzo uomo è un essere più o meno incorporeo che offre protezione, speranza e guida e dà alla persona l’impressione di non essere sola. Questa esperienza è stata condivisa da molti con resoconti sorprendentemente simili - e questo ne escluderebbe il carattere meramente allucinatorio: ne hanno parlato i sopravvissuti dell’11 settembre, esploratori polari, prigionieri di guerra, astronauti e via dicendo. Tutti sostengono di aver percepito la stretta presenza di una figura accanto a loro. 

La forza viene spiegata come un fattore allucinatorio ma altri parlano di un intervento divino quindi una vera e propria esperienza metafisica come può essere l'incontro con un angelo custode.

Altra ipotesi interessante è quella della mente bicamerale.

Come detto, la mente bicamerale è un residuo psichico ancestrale risalente a qualche millennio di anni fa quando la nostra mente sembrerebbe essere stata divisa in due metà di cui solo una poteva essere controllata dall'individuo; la metà occulta avrebbe comunicato con l’Io tramite voci nella testa che davano l’impressione di non essere soli. In questa prospettiva possiamo dedurre che tale antica struttura mentale persisterebbe in forma latente nelle nostre menti moderne manifestandosi quando ci troviamo a lottare per la nostra sopravvivenza.


Per quanto riguarda ciò che io ritengo sia il terzo uomo, confesso di percepirlo come manifestazione della coscienza della donna che si concretizza attraverso quest'uomo misterioso. 

Diamante, infatti, non è altro che un costrutto letterario che solo in apparenza è la protagonista del libro; l'elemento centrale è il messaggio che prende consistenza dalla voce di questa figura dai contorni volutamente indefiniti per lasciare libera interpretazione al lettore.

Considero questo libro simile a una moneta che, lanciata per aria, non possiede una vera forma che poi andrà ad assumere, in seguito, quando finirà nelle mani del lettore.

Sarà quest'ultimo a dare la giusta interpretazione sulla base della consapevolezza raggiunta con la propria esperienza di vita. 

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